L’invasione degli alieni: un fenomeno sempre esistito

L’invasione degli alieni: un fenomeno sempre esistito

I daini, originari del Nordafrica, non sono più una novità da noi, ma molti altri animali sono approdati nel nostro Paese nei modi più strani: con gli allestimenti dell’Expo, viaggiando nelle valigie dei turisti o attaccandosi alle tavole dei surfisti. Il guaio è che qui hanno trovato cibo abbondante e ambiente ideale per riprodursi. E fanno molti danni…

Altro che alieni! La vera invasione da cui guardarsi è quella degli animali che provengono da luoghi lontani e che si stabiliscono nei boschi, nei fiumi e nei giardini di casa nostra. I biologi li definiscono “alloctoni” o più semplicemente “specie aliene”, indicando così la loro origine estranea al luogo in cui sono stati trovati. In pratica sono animali (ma spesso anche piante o funghi) che sono presenti in un territorio nel quale non dovrebbero esserci.

Ne sono esempio le formiche rosse del Sudamerica, scoperto qualche anno fa a pochi chilometri da Milano. Oltre a quello della formica tropicale, si e individuato il Dna di animali appartenenti a oltre 500 generi estranei al nostro territorio, perlopiù insetti e altri invertebrati del suolo. In caso contrario, grazie a questo sistema di monitoraggio precoce saremmo stati in grado di intervenire subito con progetti di contenimento ed eradicazione.

Le uniche armi efficaci

Il contenimento e l’eradicazione, ovvero il confinamento in area ristretta o l’eliminazione diretta dell’invasore, sono a oggi le uniche armi efficaci per contrastare la diffusione delle specie aliene. Prevenire la loro diffusione è praticamente impossibile. La libera circolazione di merci e persone, l’import-export da un capo all’altro del mondo di generi di ogni tipo (tra cui moltissimi prodotti agricoli) fanno sì che assieme a bagagli, imballaggi e container ogni giorno viaggino anche larve e uova di insetti e di parassiti. Un popolo di viaggiatori nascosti, che, giunti a destinazione, o soccombono perché inadatti al nuovo ambiente o viceversa si ritrovano in un vero paradiso terrestre, dove il clima è più mite, il cibo abbonda e mancano totalmente i predatori specializzati nella loro caccia.

Milioni e milioni di danni

Arrivata dalla Cina nel 2012, la famigerata cimice asiatica, è responsabile di milioni e milioni di euro danni all’agricoltura, da cui miracolosamente si è salvata la vendemmia del prosecco perché eccezionalmente tardiva. Ancor più pericoloso è il tarlo asiatico (Anoplophora chinensis), diffusa dall’Oriente prima negli Usa e poi nel Nord Europa nel 2000. Questo insetto nero a pois bianchi di 2-3 cm e dalle lunghe antenne scava profonde gallerie nel tronco delle latifoglie (come aceri, faggi, querce, ippocastani, betulle, olmi) è riuscito a sgretolare in breve tempo vaste aree boschive. Per contrastarla, non avendo trovato altri rimedi se non l’abbattimento diretto delle piante colpite, alcuni esperti hanno proposto di “importare” dall’Oriente anche il suo naturale antagonista. Una soluzione che è stata proposta in extremis anche contro un altro temutissimo invasore, la vespa cinese del castagno.

Un fenomeno sempre esistito

La colonizzazione delle specie aliene è un fenomeno che è sempre esistito e che a volte è avvenuto in modo del tutto naturale. Gli animali possono compiere migrazioni spontanee, spinti dal bisogno di trovare più cibo e meno predatori. I problemi nascono quando tale dispersione avviene in modo forzato, cioè provocata dall’uomo che libera volontariamente nell’ambiente specie invasive noncurante delle conseguenze.

Gli esempi più noti di questa pratica sono quelli del gambero rosso della Louisiana, che ha sovrastato il gambero d’acqua nostrano, o del pesce siluro, della tartarughina dalle orecchie rosse e della nutria, rilasciati nei nostri corsi d’acqua nonostante l’esistenza di leggi che vietino di liberare specie alloctone. Certo, anche in passato molti animali sono stati trasferiti forzatamente dall’uomo per scopi alimentari o venatori.

Gli antichi Romani, ad esempio, avevano importato dal Nordafrica il daino e l’istrice, due animali che si sono ambientati così bene nel Centro Italia che oggi fatichiamo a contenerli per evitare che danneggino pesantemente il territorio minacciando la biodiversità locale. Anche altri Paesi sono stati colonizzati da animali estranei. Basti ricordare gli effetti devastanti dell’introduzione in Australia del coniglio, giunto nel nuovo continente con la prima colonia penale partita dall’Inghilterra nel 1788. Non essendoci un corrispettivo australiano del lupo, i conigli si riprodussero facilmente e alcune stime ritengono che abbiano raggiunto nel tempo il numero record di 10 miliardi di esemplari.

Per contenere la popolazione di conigli e far fronte ai danni che causano alla vegetazione e all’ambiente le autorità australiane sono state costrette a promuovere massicce campagne di caccia.

Solo nel 1995 alcuni ricercatori hanno pensato di eradicare i conigli diffondendo nell’ambiente un virus capace di sterminarli. L’operazione è stata molto discussa, anche per una fuga incontrollata dai laboratori dei moscerini che trasportavano il virus, ma i risultati sono stati efficaci. Oggi si calcola di essere arrivati a una riduzione del 60 per cento dei conigli e un incremento delle specie nostrane minacciate pari al 70 per cento.

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